«La Provincia ci dica quanto risparmiare: decidiamo noi come»
All’incontro di Ravina le adesioni di 85 amministrazioni Simoni sotto accusa: «Consiglio delle Autonomie inutile»
di Paolo Morando
TRENTO. La richiesta è tutto sommato semplice. E ha una sua logica. Al nocciolo suona così: di fronte ai diktat di Roma, ad esempio sul taglio dei posti letto negli ospedali, la Provincia ha risposto no, caro Monti, tu indicaci gli obiettivi di risparmio, poi decideremo noi come raggiungerli. E così i Comuni sulle gestioni associate: no, caro Dellai, niente imposizioni, tu dacci i costi standard a cui allinearci e vedrai che ci adegueremo, ma gestendo noi i processi di riorganizzazione. Ora, immaginate una sala gremita di amministratori comunali: sindaci, assessori, consiglieri. In tutto circa 150 persone, con 69 Comuni rappresentati dal proprio sindaco o da suoi delegati. Aggiungete altre 16 adesioni ufficiali, giunte via mail, da parte di primi cittadini impossibilitati a partecipare. E i Comuni salgono così a 85. E immaginate soprattutto grandinate di applausi ogni volta in cui il nome del presidente del Consorzio dei Comuni e del Consiglio delle Autonomie, Marino Simoni, veniva citato dal palco. Attenzione: citato polemicamente. Non per il suo operato istituzionale, ma per come alla vigilia aveva liquidato l’iniziativa dei sindaci: «Io nelle sale delle Pro loco ci vado per le castagnate, non per discutere di politica». Tanto che più d’un sindaco, ieri, aveva seriamente pensato di presentarsi all’incontro proprio con un bel sacchetto di castagne. Scherno inutile: sono bastate le parole.
Non sarebbe opportuno, né per Simoni né per la Provincia, prendere sottogamba quanto andato in scena ieri mattina a Ravina, nella sala Demattè. Dove al termine di una lunga serie di interventi a senso unico, con voto unanime è stato approvato un documento che, significativamente, si intitola “Il bene Comune”. Proposto all’assemblea dal sindaco di Vallarsa, l’economista Geremia Gios, è un testo articolato ma che, al tempo stesso, non dettaglia cifre, tempi e costi. Scelta non casuale: farlo avrebbe infatti dato il destro alla controparte, l’assessore provinciale agli enti locali Mauro Gilmozzi, per poter rilanciare con altri numeri, magari diversi dagli attuali, ma comunque numeri. E come tali stringenti. Invece no. Perché l’obiettivo è un altro: riportare la Provincia al tavolo di una trattativa con al centro la filosofia complessiva della “spending review” applicata ai Comuni. Ed è questo il cuore della questione: l’individuazione delle Comunità di valle come ambito della riorganizzazione. Una scelta ieri duramente contestata da tutti i sindaci che si sono avvicendati sul palco. Con pesanti interrogativi sul senso ultimo dell’ente intermedio, mai riempito di competenze e personale dirigenziale da parte della Provincia, ma “ripescato” ora come punto di riferimento. E con il senatore della Lega Nord Sergio Divina, seduto a fondo sala come osservatore, ad assentire soddisfatto: «Questa è musica per le mie orecchie». Quattro le linee di fondo individuate nel documento: una ridefinizione puntuale e attendibile dei costi standard, l’analisi delle ragioni degli scostamenti e l’obbligo di adeguamento in un contesto di solidarietà intercomunale, l’individuazione (e la successiva verifica) degli obiettivi di risparmio e, come detto in apertura, «la libertà per le singole amministrazioni di scegliere la strada più idonea per raggiungere tali obiettivi».
C’è poi un’altra partita, gravida di conseguenze ad oggi imprevedibili. La “conta” dei sindaci ieri è arrivata a quota 85, ed è già un successo: benché i cinque Comuni oltre i 10 mila abitanti (Trento, Rovereto, Pergine, Arco e Riva del Garda) siano esclusi dalla “manovra” coattiva sulle gestioni associate, non siamo troppo lontani dalla metà dei 217 complessivi. E se altri se ne aggiungessero, come avvenuto già ieri pomeriggio a riunione conclusa? A Ravina, per dire, si è visto anche il sindaco di Pergine Silvano Corradi: che, pur non prendendo ufficialmente la parola, ha ammesso che i problemi ci sono. E che i vertici di Provincia e Consorzio dovrebbero dismettere gli elmetti per riprendere invece il confronto con i sindaci. Per non parlare della poltrona dello stesso Simoni. Ieri per la verità nessuno ne ha chiesto le dimissioni, né si è parlato di mozioni di sfiducia. Ma il problema della sua legittimazione alla guida delle municipalità è ora davvero sul tavolo. Anche per quanto ha spiegato il sindaco di Vigolo Vattaro Walter Kaswalder, promotore dell’adunata di ieri: una puntigliosa ricostruzione di come sia stato impossibile ottenere in sede di Consiglio delle Autonomie un incontro informativo sui contenuti del Protocollo, per discuterne a fondo collegialmente e magari, anche dopo l’approvazione in giunta, poter intervenire proponendo emendamenti alla Finanziaria. Ma si cercherà comunque di farlo: il documento approvato ieri sarà infatti inviato a tutti i consiglieri provinciali, sollecitandone il sostegno.
I meccanismi procedurali (anzi: rappresentativi) che governano il Consiglio delle autonomie sono finiti nel mirino anche di Aurelio Gadenz, sindaco di Tonadico e presidente dell’Unione dell’Alto Primiero, esperienza virtuosa di gestione associata messa in piedi ormai da anni appunto da Tonadico, Siror e Sagron Mis: che dicendosi «indignato» dalle parole di Simoni si è anche lamentato del voto positivo sul Protocollo espresso dal sindaco di Cembra, rappresentante in giunta per i sindaci della fascia tra i mille e i 2 mila abitanti, «nonostante le mie osservazioni». Ma soprattutto concludendo così: «A che serve il Consiglio delle Autonomie se approva solo ciò che pretende la Provincia? Tanto vale farne a meno e trattare direttamente con Piazza Dante». E se non bastasse, un affondo personale in triplice copia a Dellai, Gilmozzi e Simoni: «Tutti ex sindaci, ma hanno dimenticato l’essenza di quella responsabilità». Applausi.
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